Canzone tabelline

venerdì 23 aprile 2010

24 Aprile 2010 Compleanno di Alessandro


Tantissimi auguri di buon compleanno da maestra Gloria.

Canto XII dell'Iliade (letto da Michele Deiana)


La battaglia si è spinta sotto il muro acheo. I Greci, in particolare i due Aiaci, resistono come possono e respingono più volte gli attacchi di Sarpedonte. Intanto Zeus manda un segno di dubbia interpretazione: un'aquila vola con un serpente tra gli artigli, ma questo le si ritorce contro e la morde: Polidamante lo interpreta come presagio funesto, ma Ettore decide di continuare l’assedio e, preso un macigno, lo scaglia contro la porta del muro greco e la abbatte. I Troiani entrano nel campo avverso.

martedì 20 aprile 2010

La civiltà romana dalla monarchia alla repubblica


Intorno all' VIII secolo a.C. i villaggi che sorgevano sui colli vicino alle rive del fiume Tevere, a poca distanza dal Mar Tirreno, si fusero insieme e formarono la città di Roma.
Nei primi 250 anni della storia Roma fu una monarchia, cioè fu governata da un re. Il re era affiancato dal senato, un'assemblea formata dai personaggi più importanti della città. La tradizione parla di sette re di Roma, ma in realtà furono molti di più.
Seguì un periodo di 500 anni circa in cui Roma fu una repubblica: il governo non fu più affidato a una persona sola per tutta la vita, ma a cittadini autorevoli per periodi brevi.
Nel periodo della repubblica la potenza di Roma si estese prima in tutta la penisola italiana, poi nel bacino del Mediterraneo.
Nel I secolo a.C. emersero però all'interno della società romana forti contrasti che sfociarono in vere e proprie guerre civili tra patrizi e plebei. Fu allora che prese il potere un generale molto abile: Giulio Cesare. Egli, una volta al governo, approvò molte leggi in favore dei plebei e sottrasse potere ai senatori. Un gruppo di costoro, temendo che Cesare volesse diventare re e mettesse fine alla repubblica, lo uccise, il 15 marzo del 44 a. C.
Alla morte di Cesare suo nipote Ottaviano, con l'approvazione del popolo, si fece nominare imperatore, prendendo il nome di Ottaviano Augusto.
Così comincio il periodo dell'Impero.

martedì 13 aprile 2010

L'esercito romano - La legione



L’unità di base che costituiva l'ossatura dell’esercito romano era la legione (legio, da lego, cioè "scelgo"). I legionari, inquadrati da un corpo di ufficiali di professione - i centurioni - erano addestrati all’uso delle armi, a marciare, ad allestire il proprio campo, a schierarsi ed infine a manovrare in battaglia. Se dobbiamo fare affidamento alle parole del greco Polibio, una legione veniva a comprendere 4200 soldati a piedi e 300 cavalieri. Suddividendola per ordine di età e di ricchezza, la fanteria romana, composta da 10 manipoli, era formata da 1200 hastati e 1200 principes - le cui funzioni erano praticamente le stesse, benchè occupassero posizioni diverse nello schieramento - e da 600 triarii, che potevano essere impiegati come riserva mobile alle spalle della legione oppure come truppe di supporto per respingere con le lunghe aste gli attacchi dei cavalieri nemici. I restanti 1200 uomini, i più giovani e più poveri, costituivano la fanteria leggera dei velites, distribuita tra i vari manipoli.

La cavalleria - in realtà formata piuttosto da fanti che all’occorrenza combattevano a cavallo - era organizzata in 10 reparti, ciascuno di 30 cavalieri. Alla testa della legione erano posti sei tribuni militari che rispondevano del proprio operato direttamente al console. A fianco delle legioni romane si schieravano spesso i contingenti dei socii (gli alleati), soprattutto latini e italici, organizzati secondo lo stesso schema tattico, ma con una cavalleria generalmente più numerosa, composta da 900 uomini divisi in 30 reparti. Il comando di queste truppe spettava a tre prefetti nominati dal console. La legione era schierata a scacchiera su tre ordini: il primo era formato dai manipoli degli hastati, intervallati da uno spazio pari a quello occupato da un manipolo; gli spazi vuoti erano coperti dai manipoli dei principes, che si schieravano in seconda linea; l’ultimo rango era infine costituito dai triarii, che coprivano gli intervalli lasciati dai principes e costituivano la riserva della legione.

Durante le prime fasi della battaglia, davanti a questa fanteria pesante venivano schierati i velites. Quando dunque gli eserciti entravano in contatto, i velites scagliavano i propri giavellotti leggeri e si ritiravano rapidamente, passando attraverso gli spazi fra i manipoli ed andando a schierarsi dietro i triarii dell’ultima linea. Compiuta questa manovra preliminare, la grande mobilità della formazione romana consentiva varie possibilità: i principes della seconda linea potevano andare ad avanzare e riempire gli spazi tra gli hastati per formare, insieme a questi ultimi, un fronte compatto; oppure potevano mantenere la posizione a scacchiera, che garantiva maggiore mobilità ed anche adattabilità al terreno. Talvolta la riserva dei triarii assumeva anche compiti offensivi, andando ad attaccare sul fianco i nemici impegnati contro le prime due linee dello schieramento. La cavalleria costituiva usualmente le ali dell’esercito.

Con l’introduzione dell’esercito di mestiere, voluto espressamente da Mario, le armi, che nei primi secoli della repubblica erano a carico dei singoli cittadini-soldati, vennero fornite dallo stato. Ogni legionario riceveva infatti una spada e un giavellotto, uno scudo, un elmo di bronzo o di ferro ed infine una corazza per la protezione del corpo; tale equipaggiamento, concepito dopo le numerosissime esperienze di combattimento contro i più disparati nemici di Roma, era particolarmente adatto alle caratteristiche tattiche dei manipoli della legione. Il pilum equipaggiava i primi due ranghi dei manipoli. Era un’arma di concezione tipicamente romana - anche se la sua introduzione si deve proprio all'esperienza maturata combattendo i Sanniti nelle paludi - che consisteva in un’asta di legno lunga circa 130 centimetri su cui si innestava una parte di ferro, di circa 70 centimetri, che terminava con una punta a doppio arpione. I legionari disponevano comunemente di due pila, uno dei quali era munito di un peso collocato all’inizio della parte metallica.

Al momento dello scontro, la pioggia dei pila doveva piegare l’impeto iniziale degli avversari. Quando un pilum pesante andava a conficcarsi in uno scudo, ne rendeva praticamente impossibile l’uso perché, a causa della forma espressamente ideata delle sue punte, era molto difficile estrarlo; quindi, anche se non trapassava un nemico, lo privava tuttavia della sua difesa, lasciandolo alla mercé dei lanci successivi. Nel III secolo a.C., i Romani vennero in contatto con gli Iberici e ne apprezzarono particolarmente le spade, tanto da adottarne l’uso nelle legioni. La spada spagnola (detta gladius hispaniensis) era un’arma lunga circa 60 centimetri e veniva forgiata in un acciaio ritenuto migliore di quello italico; aveva una lama a forma di foglia, che si allargava leggermente verso la punta e risultava estremamente maneggevole nello scontro ravvicinato, perché poteva essere usata sia di taglio che di punta. Era sicuramente l’arma più importante dell’equipaggiamento del legionario che, scagliati i suoi pila, la usava quindi nello scontro corpo a corpo.

Al tempo delle Guerre Puniche, le corazze dei soldati romani erano di due tipi: chi si pagava da solo l’equipaggiamento poteva anche permettersi la casacca di maglia di ferro lunga fino alla coscia, che era dotata di due spallacci anch’essi metallici; se invece l’equipaggiamento era fornito dallo stato, la corazza si riduceva a due placche quadrate di bronzo, di circa 30 centimetri di lato, fissate al petto e alla schiena da corregge di cuoio. Possiamo ipotizzare che fra gli hastati prevalesse la corazza di tipo economico e fra i triarii, più anziani e spesso più ricchi, quella più costosa; tra i principes probabilmente erano diffusi entrambi i tipi.

In base ai ritrovamenti archeologici ed alle rappresentazioni monumentali, possiamo desumere che gli elmi dei legionari fossero distinti sostanzialmente in tre tipi. Probabilmente di origine celtica, il cosiddetto elmo montefortino - da Monteforte, la località del primo ritrovamento - era a forma conica ed era dotato di paranuca e guanciali; poiché, però, era poco costoso, si pensa dovesse essere molto diffuso soprattutto tra i soldati più poveri. L’elmo di tipo attico o ellenistico, che era in dotazione soprattutto ai cavalieri, era arrotondato e munito di guanciali e di visiera. C’era infine l’elmo di tipo etrusco-corinzio, una forma corrotta dell’elmo greco di età classica, che invece di scendere a coprire la faccia veniva portato come una sorta di cappello; era il più costoso e veniva usato soprattutto dagli ufficiali. Tutti gli elmi romani erano sormontati inoltre da pennacchi di vario colore e spesso da lunghe piume, un’abitudine tipicamente italica.

I Romani erano soliti impiegare un grande scudo di legno di origine celtica, lo scutum; di forma ovale e con una convessità lungo l’asse maggiore, le sue dimensioni toccavano i 120 centimetri di altezza per 80 di larghezza. Un rinforzo a spina di legno ne percorreva l'intera lunghezza, mentre un altro, metallico, copriva al centro l'impugnatura a una sola mano. Si ipotizza che anche i bordi inferiori e superiori fossero muniti di guarnizioni di metallo per sopportare i colpi di taglio. Gli scudi romani non avevano decorazioni, ma erano dipinti con colori vivaci: rosso, verde o giallo ocra. Durante gli assedi, con gli scudi tenuti alti sopra la testa per proteggersi dai proiettili scagliati dalle mura e gli scudi bassi per difendersi i fianchi, i soldati si disponevano secondo la celeberrima testudo (testuggine), una formazione ritenuta impenetrabile.


domenica 11 aprile 2010

La regione e i suoi organi.


Le regioni sono, assieme ai comuni, alle province, alle città metropolitane e allo stato centrale, uno dei cinque elementi costitutivi della Repubblica Italiana.
Ogni regione è un ente territoriale con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla Costituzione della Repubblica Italiana, come stabilito dall'art. 114, II comma della carta costituzionale.


Le regioni, secondo quanto indicato dall'art. 131 Cost., sono venti. Cinque di queste sono dotate di uno statuto speciale di autonomia ed una di queste (Trentino-Alto Adige/Südtirol), è costituita dalle uniche province autonome, dotate cioè di poteri legislativi analoghi a quelli delle regioni, dell'ordinamento italiano (Trento e Bolzano). Nel rispetto delle minoranze linguistiche, il Trentino-Alto Adige e la Valle d'Aosta sono riportati con le denominazioni bilingui Trentino-Alto Adige/Südtirol e Valle d'Aosta/Vallée d'Aoste all'art. 116, come modificato nel 2001.


La regione, nell'ordinamento giuridico italiano è:
un ente di rilievo costituzionale, cioè previsto come necessario dalla costituzione;
un ente autonomo, visto che è dotato di autonomia in diversi ambiti;
un ente autarchico, dato che opera in regime di diritto amministrativo e dispone di potestà pubbliche;
un ente ad appartenenza necessaria, dato che tutti i cittadini residenti ne fanno parte.
Tutte le regioni posseggono stemma e gonfalone ufficiale.


Tipologie di regioni
In base allo statuto, che è per le regioni quello che è per lo stato la sua costituzione, è possibile distinguere due grandi categorie:
regioni a statuto ordinario;
regioni a statuto speciale

Organi delle regioni
Gli organi della regione sono indicati dall'art. 121 della Costituzione e sono:
il consiglio regionale;
la giunta regionale;
il presidente della giunta regionale.


La regione è rappresentata dal presidente della giunta regionale (anche detto presidente della regione) che dal 2000 viene eletto direttamente, a meno che lo statuto regionale non preveda l’elezione da parte del Consiglio regionale. Se il presidente della regione viene sfiduciato o si dimette volontariamente con effetti immediati o muore o è impedito permanentemente il Consiglio regionale viene sciolto e vengono indette al più presto nuove elezioni. Fino a che siano instaurati i nuovi organi della regione sono prorogati i poteri dei precedenti organi per il compimento degli atti di ordinaria amministrazione.
La regione è dotata di un consiglio regionale, eletto dai cittadini maggiorenni residenti nella regione. In Sicilia, regione autonoma, prende il nome di parlamento regionale e i suoi membri, che si possono fregiare del titolo di onorevoli, sono detti deputati e non consiglieri. Il consiglio esercita il potere legislativo per le materie che la Costituzione e gli statuti speciali per le regioni autonome demandano alla potestà legislativa esclusiva o concorrente.
Le funzioni amministrative sono attribuite alla giunta regionale, formata dagli assessori oltre che dal presidente della regione.
Questi sono organi necessari delle regioni, per cui gli statuti e le leggi regionali non possono disporre diversamente dal dettato costituzionale.


Autonomia della regione
Le autonomie riconosciute alla regione e garantite a livello costituzionale nei confronti dello Stato e degli enti territoriali minori sono:
autonomia statutaria;
autonomia legislativa;
autonomia regolamentare;
autonomia amministrativa;
autonomia finanziaria.
Autonomia statutaria




Le Marche


Le Marche sono una regione dell'Italia centrale di 1.552.968 abitanti con capoluogo Ancona. Confinano con l'Emilia-Romagna (provincia di Rimini), la Repubblica di San Marino, la Toscana (provincia di Arezzo), l'Umbria (provincia di Perugia), l'Abruzzo (provincia di Teramo), il Lazio (provincia di Rieti) e il Mar Adriatico.


Le Marche, regione dell'Italia centrale, si collocano sul versante del medio Adriatico e occupano circa 9.365,86 km² di territorio italiano che si estende tra il fiume Conca a nord e il Tronto a sud; a ovest la regione è limitata dall'Appennino. Essa presenta una forma caratteristica di pentagono irregolare e si sviluppa perlopiù longitudinalmente da nord-ovest a sud-est.
I confini amministrativi coincidono in genere con quelli geografici, ma esistono alcune eccezioni.
In provincia di Pesaro e Urbino le Marche si estendono a nord del confine naturale del bacino del Foglia. Questa rilevante eccezione è però meno vistosa che in passato, in seguito allo scorporo di sette comuni dell'Alta Valmarecchia (annessi all'Emilia-Romagna nel 2009).
Nella stessa provincia è situata l'enclave di Monte Ruperto del comune di Città di Castello.
Alla provincia di Macerata appartengono i comuni dell'Alta Valnerina, nel bacino del Tevere (Castelsantangelo sul Nera, Ussita, Visso).
Pur situata sul versante Adriatico, non appartiene alla provincia di Ascoli Piceno la conca altotruentina di Amatrice e Accumoli.



La regione è a prevalenza collinare, il 69% del territorio (6.462,90 km²), mentre il restante 31% (2.902,96 km²) è montuoso.


Il territorio è soggetto a terremoti: infatti, il 97,3% della regione, pari a 230 comuni, è stato classificato a rischio medio o alto. Il litorale, lungo 173 km, è caratterizzato da ampie spiagge sabbiose, ad eccezione della costa alta e rocciosa del Monte Conero, che rappresenta il punto più alto del versante marittimo. Le altre zone di costa alta sono due: nei pressi di Grottammare, e il colle San Bartolo, a nord di Pesaro. Il colle dell'Ardizio, a sud di Pesaro, pur essendo vicinissimo al mare, non lo tocca. Secondo il Ministero della Salute, il 98,2% della costa è balneabile.
Man mano che si procede verso l'interno si delinea la zona collinosa, un'area che si estende per 200 km² da nord a sud. Il settore occidentale delle Marche è attraversato dall'Appennino. A sud del passo di Bocca Trabaria prende il nome di Appennino umbro-marchigiano, mentre a nord di tale passo c'è un limitato, ma importante settore, appartenente all'Appennino tosco-emiliano. Il gruppo montuoso più elevato è la pittoresca catena dei Sibillini, a cavallo delle province di Fermo, Ascoli Piceno e Macerata, in cui il Monte Vettore (2478 m) padroneggia. Altri monti importanti della regione sono: Monte Nerone (1526 m), Monte Catria (1702 m), Monte San Vicino (1479 m), Monte Pennino (1570 m), Monte Rotondo (2103 m), Monte Fema (1575 m), Monte Priora (2334 m), Monte Bove (2143 m), Monte Sibilla (2175 m), Monte Vallelunga (2221 m), Monte Porche (2335 m), Monte Argentella (2201 m).



Clima

Nella zona litoranea il clima è subcontinentale a nord di Ancona con sbalzi di temperatura da stagione a stagione: estati calde, ma rinfrescate dalla benevole brezza marina, inverni freddi (a Pesaro la temperatura media di gennaio è di 3,8 °C) con regolari piogge di stagione. A sud di Ancona la subcontinentalità si attenua per lasciare posto a un clima sublitoraneo che assume caratteri più spiccatamente mediterranei nella Riviera delle Palme (a Grottammare la temperatura media di gennaio è di 7,6 °C). Nelle zone montuose vi sono estati fresche e inverni rigidi con ampia possibilità di neve; l'inverno risulta altresì rigido nelle zone collinari interne dove si possono verificare basse temperature.

giovedì 8 aprile 2010

9 Aprile compleanno di Silvia



Cara Silvia tantissimi auguri di buon compleanno.

Maestra Gloria