Questo blog nasce con l'intento di arricchire le attività didattiche e i progetti educativi, ma anche di raccogliere materiale sperimentato in classe ritenuto efficace per coinvolgere gli alunni e tutti voi che visitate il nostro blog.
Canzone tabelline
giovedì 30 aprile 2009
Sagra di Sant' Efisio
Breve Storia
Efisio nacque in Elia, città dell'Asia Minore vicino ad Antiochia, da Cristoforo, cristiano segretamente, e Alessandra, pagana. Alla morte del marito Cristoforo, Alessandra insegnò al figlio Efisio l'adorazione agli dei. Venuta a sapere che l'Imperatore Diocleziano si trovava ad Antiochia, Alessandra si presentò a Lui, assieme ad Efisio, chiedendogli di prendere il proprio figlio come soldato delle proprie guardie. L'imperatore, notato il nobile e bell'aspetto di Efisio, lo tenne con se amandolo sino ad affidargli il Comando di gran parte del suo esercito. Lo inviò inoltre in Italia affinché perseguitasse i Cristiani.
Efisio si diresse verso Urittania dove gli abitanti lo accolsero con gioia e rispetto. Una notte, un rumore terribile tramortì Efisio e i soldati mentre una voce scese dal Cielo e si rivolse a lui dicendogli: Oh Efisio, donde vieni e donde vai?
. Efisio fortemente impaurito rispose: Vengo dalla città di Antiochia, sono figlio di Alessandra prima dei cittadini di Elia e Diocleziano mi ha concesso piena autorità in Italia contro i Cristiani
. Si udì di nuovo la voce dal cielo: Oh Efisio anche tu verrai a me, per mezzo della palma del Martirio
. Dopo aver fatto alcune domande Efisio si sentì rispondere: Io sono Colui che tu perseguiti Figlio del Dio Vivo
. Improvvisamente una croce splendente gli apparve nel cielo e quella stessa croce si impresse nel palmo della sua mano portando da quel momento Efisio a beatificare il Signore Dio. La notte seguente Efisio entrò a Gaeta e convocò gli artigiani della città chiedendo loro chi fosse disposto a fargli un oggetto che gli era necessario. Gli artigiani, intimoriti non accettarono l'incarico. Efisio chiamò quindi un tale di nome Giovanni e gli comandò di realizzare la croce che aveva impressa nel palmo della mano. Da quel momento Efisio non perseguitò i cristiani ma li difese disobbedendo agli ordini di Diocleziano. L'imperatore incaricò allora il giudice Iulisio di sostituire Efisio ed incarcerarlo. Il giudice Iulisio sentendosi prossimo alla morte, lasciò a Flaviano l'incarico di procedere con il martirio di Efisio che fu condotto a Nora dove venne giustiziato il 15 gennaio del 303 d.c.
Festa di Sant'Efisio
Dal lontano 1657 ininterrottamente ogni 1° di maggio si svolge a Cagliari la processione religiosa di S. Efisio, notoriamente più conosciuta come “ Festa di S. Efisio “.
L’intera Sardegna è strettamente legata alla devozione del Santo e ogni primo maggio sfilano in processione a Cagliari tutti i colori dell’isola con i costumi dei vari paesi partecipanti, ma anche le cosiddette “traccas” carri addobbati a festa trainati da buoi, all’interno dei quali sono esposti in mostra i prodotti più genuini della terra, dell’artigianato sardo ed i dolci messi in bella mostra nei cestini appositamente intrecciati e per finire sono presenti i cavalieri del Campidano di Cagliari nei costumi tradizionali del paese di provenienza oltre ai cavalieri cosiddetti “ miliziani “ che originariamente facevano parte della scorta armata al Santo guerriero quando dalla chiesetta del quartiere Stampace veniva portato in processione fino al luogo del martirio avvenuto a Nora ( località distante una trentina di chilometri da Cagliari ), in modo da evitare che vari assalti di predoni s’impadronissero dei gioielli del Santo o della statua stessa.
Tra le figure di rilievo della Festa di S. Efisio sono da tenere presenti sia “ l’Alter Nos “ ( che oggi è a tutti gli effetti il rappresentante dell’Amministrazione Comunale ) e che prende parte a tutti i festeggiamenti in onore del Santo che non si limitano alla giornata del 1° maggio, ma che durano almeno un mese se non di più, ed il “ Terzo Guardiano “ che è coinvolto in tutta l’organizzazione religiosa e nel risolvere tutte le varie incombenze di varia natura che riguardano l’Arciconfraternita di S. Efisio, tutti i Confratelli e le Consorelle, e le decisioni pratiche di organizzazione dei diversi eventi che ruotano intorno alla Festa e che si svolgono lungo il percorso della processione che dura quattro giorni dal 1° al 4 maggio a partire da Cagliari, per poi proseguire al Giorgino( località nella quale viene cambiato il cocchio di città con quello di campagna e gli abiti del Santo), per poi proseguire a Capoterra, Sarroch, Villa S. Pietro, Pula e Nora e percorso inverso che si effettua il 4 maggio ( giorno di rientro della statua in città proveniente da Nora ).
domenica 26 aprile 2009
28 Aprile - Sa die de sa Sardigna
Sa die de sa Sardigna, il Giorno della Sardegna in limba, è la festa del popolo sardo. Riconosciuta dal Consiglio Regionale il 14 settembre 1993, vuole ricordare i " Vespri Sardi", l'insurrezione del 28 aprile 1794 che costrinse alla fuga da Cagliari il viceré Balbiano, in seguito al rifiuto del governo torinese di soddisfare le richieste dell'allora autonomo Regno di Sardegna per il riconoscimento dei diritti di cui i sardi avevano goduto per secoli, le leggi fondamentali del Regno, per riservare ai Sardi le cariche pubbliche, un Consiglio di Stato a Cagliari, vicino alla sede del Viceré e l'istituzione a Torino di un Ministero per gli affari della Sardegna.
Breve storia
I Sardi chiedevano che venisse loro riservata una parte degli impieghi civili e militari e una maggiore autonomia rispetto alle decisioni della classe dirigente locale. Il governo piemontese rifiutò di accogliere qualsiasi richiesta, perciò la borghesia cittadina con l'aiuto del resto della popolazione scatenò il moto insurrezionale.
Il movimento di ribellione era iniziato già negli anni Ottanta del Settecento ed era proseguito negli anni Novanta toccando tutta l'isola. Le ragioni erano di ordine politico ed economico insieme.
Il motivo del malcontento popolare era dovuto anche al fatto che la Sardegna era stata coinvolta nella guerra della Francia rivoluzionaria contro gli stati europei e dunque contro il Piemonte. Nel 1793 una flotta francese aveva tentato di impadronirsi dell'isola, sbarcando a Carloforte e insistendo successivamente anche a Cagliari. I Sardi però opposero resistenza con ogni mezzo, in difesa della loro terra e dei Piemontesi che dominavano allora in Sardegna. Questa resistenza ai Francesi aveva entusiasmato gli animi, perciò ci si aspettava un riconoscimento ed una ricompensa dal governo sabaudo per la fedeltà dimostrata alla Corona.
La scintilla che fece esplodere la contestazione fu l'arresto ordinato dal viceré di due capi del partito patriottico, gli avvocati cagliaritani Vincenzo Cabras ed Efisio Pintor. Siamo appunto al 28 aprile del 1794: la popolazione inferocita decise di allontanare dalla città il viceré Balbiano e tutti i Piemontesi, che nel mese di maggio di quell'anno furono imbarcati con la forza e rispediti nella loro regione. Incoraggiati dalle vicende cagliaritane, gli abitanti di Alghero e Sassari fecero altrettanto.
Poesia
Voglio farti il ritratto,
albero amico,
e parlare dite.
Somigli a me:
la tua chioma
son capelli al vento;
le gemme, occhi
e la corteccia
la tua faccia.
Il tronco è il tuo corpo;
irami, braccia sempre aperte.
Le radici son piedi;
ma tu non cammini:
gli amici li hai sempre vicini:
i passeri, le nuvole, il vento,
e me che ti guardo contento,
che batte sento il tuo cuore
mentre spinge la linfa vitale
dai piedi fino all'ultimo fiore.
giovedì 23 aprile 2009
mercoledì 22 aprile 2009
La civiltà dell'Indo
A partire dal 3000 a.C. alcune popolazioni si stabilirono nella grande pianura dove scorre il fiume Indo; nell'attuale Pakistan. Quelle genti avevano imparato a controllare le piene del fiume, costruendo canali e bacini, cosi da poter coltivare le terre con cereali, legumi, ortaggi, frutta e, per la prima volta, la pianta del cotone. Il fiume era una grande risorsa anche per i trasoporti, ed essi ben presto lo utilizzarono per gli scambi commerciali.
La civiltà indiana è rimasta sconosciuta per molto tempo, fino a quando non sono stati ritrovati i resti di due grandi città : Mohenio - Daro e Harappa. Queste città erano molto complesse e ben organizzate: i palazzi erano costruiti con mattoni cotti, avevano un sistema fogniario e dei pozzi con acqua potabile, le strade principali e secondarie avevano un tracciato regolare.
All'interno della cinta muraria, c'era un'umportante cittadella fortificata che comprendeva il tempio e la sala per le assemblee. Accanto a essi sorgevano grandi magazzini per la conservazione del grano, dell'avena, del miglio e del riso. Il resto della città, all'esterno delle mura, era occupato dalle abitazioni, dai laboratori artigiani e dalle botteghe dei commercianti.
Era conosciuta la scrittura che ancora oggi non è stata decifrata.
La divinità principale era la dea madre ma venivano adorati molti dei. Il re era anche sommo sacerdote e celebrava i riti nel suo tempio-palazzo all'interno della cittadella fortificata.
Nel 1500 a.C. gli Arii invasero le citta e ridussero in schiavitù gli abitandi
Le colline italiane
Le colline sono dei rilievi alti tra i 200 e i 600 metri sopra il livello del mare.
In Italia occupano circa il 40% del territorio e si trovano generalmente ai piedi delle Alpi e degli Appennini. Le colline sono state fin dall'antichità uno degli ambienti preferiti dall'uomo, che vi ha trovato clima mite, terreno favorevole per le coltivazioni e allo stesso tempo un luogo sicuro per ripararsi dai nemici e dalla malaria che infestava le aree acquitrinose in basso. Ciò a portato al sorgere di insedianmenti urbani e alla costruzione di opere umane che hanno modificato il territorio collinare.
Le colline italiane si possono dividere in quattro tipi in base alla loro origine:
1.Origine strutturale ---- Colline del Chianti;
2.Origine moreniche ----- Colline delle Langhe, del Monferrato e della Brianza;
3.Origine sedimentaria ----- Le Murge, colline della Sardegna e della Sicilia;
4.Origine vulcanica ----- Colli Euganei, Colline Metallifere e i Colli Albani.
Nelle Prealpi le zone di fondovalle sono le più abitate e il clima favorevole offre l'opportunità di lavorare il terreno con svariate coltivazioni, soprattutto vigneti e frutteti. Si è sviluppata l'industria moderna spesso collegata ad antiche tradizioni artigianali.
Le fasce collinari appenniniche sono state quasi abbandonate dall'uomo. Nelle aree dove è praticabile l'agricoltura si coltiva: la vite, l'ulivo, piante da frutto. Si allevano bovini e ovini.
Il turismo è molto sviluppato.
Ricorda
Le due coltivazioni "simbolo" delle colline sono l'ulivo e la vite, da cui si ricavano i due prodotti base dell'alimentazione mediterranea.
Il modo indicativo
Il modo indicativo indica un'azione reale, certa, sicura, descrivono cioè la realtà e le cose come sono.
Il modo indicativo è composto da quattro tempi semplici e da quattro tempi composti.
1. Presente = Indica un'azione che avviene nel momento in cui si parla.
Es. Lisa suona il flauto.
2. Imperfetto = Esprime un'azione che è accaduta in passato ma impreciso, imperfetto,
perchè si è prolungata nel tempo.
Es. Lisa suonava il flauto.
3. Futuro semplice = Esprime un'azione che deve ancora avvenire, che si svolgerà nel futuro.
Es. Lisa suonerà il flauto.
4. Passato remoto = Indica un'azione avvenuta in un tempo lontano e ormai perfettamente
conclusa.
Es. Luisa suonò il flauto.
I tempi composti esprimono azioni avvenute prima di quelle espresse dai tempi semplici.
I tempi composti sono:
1. Passato prossimo = Esprime un'azione avvenuta in un passato recente.
Es. Lisa ha suonato il flauto.
2. Trapassato prossimo = Esprime un'azione anteriore ad un'altra espressione all'imperfetto.
Es. Lisa dopo che aveva suonato il flauto usciva a giocare.
3. Trapassato remoto = Indica un'azione anteriore ad un'altra espressa al passato remoto.
Es. Quando Lisa ebbe suonato, scrosciarono gli applausi.
4. Futuro anteriore = Indica un'azione che avverrà nel futuro prima di un'altra espressa col
futuro semplice.
Es. Quando Lisa avrà suonato il flauto, uscirà.
I tempi composti hanno bisogno dell'ausiliare essere o avere per la loro formazione.
Il verbo
Il verbo ci fornisce tante informazioni:
- il significato dell'azione;
- il tempo dell'azione;
- la persona che compie l'azione;
- il modo dell'azione;
- e il numero ( singolare o plurale).
Significato dell'azione: il raccontare
Tempo dell'azione: il presente
La persona che compie l'azione: io
Modo dell'azione: indicativo
Numero: singolare
Il tempo presente indica un'azione che avviene nel momento in cui si parla.
Il tempo passato indica un'azione che è già avvenuta nel momento in cui si parla.
Il tempo futuro indica un'azione che deve ancora avvenire.
lunedì 20 aprile 2009
I modi finiti dei verbi
I modi finiti dei verbi indicano e definiscono il tempo, il numero e la persona dell'azione. I modi finiti sono: l'indicativo, il congiuntivo, il condizionale e l'imperativo.
L'indicativo si usa per raccontare fatti che realmente avvengono, sono avvenuti o avverrannno. Es. Non dormo da due giorni. Abbiamo giocato tanto!
Il modo condizionale si usa per esprimere situazioni che si possono verificare solo a determinate condizioni, oppure per esprimere una richiesta in modo cortese. Es. Dormireì di più, se fossi meno nervoso! Giocherei molto volentieri con te se non stessi male!
Il modo congiuntivo si usa per esprimere possibilità, dubbi, desideri, opinioni, timori. Es. Ah, se tu dormiddi di meno! Che bello se giocassimo nella stessa squadra!
Il modo imperativo si usa per esprimere un ordine, un consiglio, un'esortazione o, nel linguaggio informale quotidiano, per esprimere richieste. Es. Dormi di meno! Studia subito geografia!
Ricorda
Indicativo = Azioni certe
Condizionale = Azioni possibili a qualche condizione.
Congiuntivo = Azioni desiderate, incerte.
Imperativo = Ordini, comandi.
Esercitatevi con i verbi con questo esercizio online. Basta cliccare sul seguente indirizzo riportato qui sotto.
La stagione più bella
primavera colorata
con il sole
con le viole
con i gridi
con i canti dentro i nidi.
Son fioriti i biancospini.
Poi verranno i maggiolini
con le rose rosse e gialle.
Son tornate le farfalle
sono bianche
sono stanche.
Or nei prati di velluto
il leprotto muto muto
va a cercare fra il trifoglio
pian pianino l'"erba voglio".
Là nel bosco profumato
canta il merlo innamorato.
Mentre cento e più ranocchi
solo pancia solo occhi
fanno in coro: -crà, -crà, -crà.
Nel cortile le galline
fanno tutte: co-co-dè,
deponendo i bianchi ovini
per la Pasqua dei bambini.
giovedì 16 aprile 2009
Farfalla rara della Sardegna
Papilio hospiton |
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Colore giallo con nervature e ampi disegni trasversali neri. Fascia postdiscale contenente una sfumatura gialla nelle anteriori e spazi blu nelle posteriori. Macchia semilunare arancio nell'angolo anale delle posteriori. Bordo esterno delle posteriori leggermente dentato con una breve coda in corrispondenza della terza nervatura mediana.
LA FOCA MONACA
Sottotipo: Vertebrati
Classe: Mammiferi
Ordine: Carnivori
Sottordine: Pinnipedi
Specie:
COME SONO FATTE
VITA SOCIALE
I maschi adulti di solito sono solitari e si aggirano nelle vicinanze dei gruppi di femmine. Sì, queste vivono in gruppo evidentemente per poter allevare con più tranquillità i cuccioli. In realtà gli studiosi ancora sanno molto poco sulla loro struttura sociale.
DI COSA SI NUTRONO
Le foche sono
RIPRODUZIONE
Le
Le foche monache le possiamo trovare nel golfo di Dorgali. E' una specie protetta perché a causa dell'uomo è in via di estinzione.
martedì 14 aprile 2009
lunedì 13 aprile 2009
La cilvità Ebraica
La Bibbia ha un grande valore religioso, perchè è il libro sacro per gli ebrei e per i cristiani di tutto il mondo, ma è anche un prezioso documento storico percè la sua parte iniziale , l'Antico Testamento, tramanda la vita e la cultura delle tribù nomadi del II millennio a.C.
Nella prima parte, nell'Antico Testamento ( unica parte riconosciuta dagli Ebrei), si racconta del patto che il patriarca Abramo fece con Dio: Javhè avrebbe indicato agli Ebrei la Terra Promessa ( Palestina) in cui stabilirsi, in cambio gli Ebrei dovevano riconoscerlo come un unico Dio e obbedire alle leggi.
La Bibbi ebraica ( Antico Testamento) è tradizionalmente contenuta nei "rotoli": il testo sacro è scritto su una lunga striscia di carta che si avvolge durante la lettura o in un senso o nell'altro.
La menorah, il candelabro a sette bracci è il simbolo della religione ebraica. Si accende una candela al giorno per tutta la settimana in modo che il sabato, giorno di festa dedicato alla preghiera, siano tutte accese.
Gli Ebrei
Gli Ebrei erano un popolo di pastori nomadi originari della Mesopotamia. La loro storia non è legata a un solo territorio, ma è segnata da continui spostamenti. Fondarono il loro regno nell’attuale Palestina lungo le rive del fiume Giordano.
Alla ricerca della “Terra Promessa”
Circa 4000 anni fa gli Ebrei (contemporaneamente allo sviluppo della civiltà egizia e babilonese) vivevano nella Mesopotamia. Essi non erano né potenti né numerosi, ma si distinguevano dagli altri popoli perché erano monoteisti, cioè credevano in un unico dio, che chiamavano Jahvè.
Possiamo dividere la storia di questo popolo in 6 periodi:
Dalla Mesopotamia alla Palestina
Intorno al 2000 a.C. gli Ebrei vivevano nei pressi della città di Ur ed erano suddivisi in 12 gruppi chiamati tribù. A capo di ogni tribù c’era un patriarca ( capo assoluto di una grande famiglia e di tutti coloro che ne erano discendenti).
Intorno al 1900 a.C. sotto la guida del patriarca Abramo iniziarono un lunghissimo viaggio verso la Palestina nella valle del fiume Giordano nella terra di Cannan. Questa era la Terra Promessa che gli aveva indicato il loro Dio Javhè. Qui si stabilirono diventarono agricoltori sedentari e mantennero l’organizzazione in tribù.
Dalla Palestina in Egitto
Nel 1700 a.C. Le carestie e gli scontri con i popoli confinanti costrinsero gli Ebrei a migrare in Egitto. Qui vissero per alcuni secoli in pace, apprendendo l’uso dell’aratro e di nuove tecnologie agricole, fino a quando il faraone Ramses II li rese schiavi a causa del loro consistente aumento e perché si rifiutavano di adorare il faraone come un dio.
Dall’Egitto alla Palestina
Nel 1200 a.C. circa, Mose, uno dei patriarchi, liberò il suo popolo e lo condusse nuovamente in Palestina, per meglio difendersi dagli attacchi delle popolazioni confinanti, gli Ebrei riunirono le loro 12 tribù sotto un unico capo. Nacque cosi il regno d’Israele, con capitale Gerusalemme. Il loro primo re fu Saul, a cui seguirono Davide e Salomone.
La deportazione a Babilonia
Il regno d’Israele non durò a lungo. Alla morte di Salomone, nel 933 a.C. , fu diviso nel regno d’Israele e nel regno di Giuda con capitale Gerusalemme.
I due regni erano circondati da popoli forti che volevano controllare la Palestina, attraversata dalle più importanti vie commerciali del tempo.
Nel 722 a.C. , gli Assiri conquistarono il regno d’Israele e, poco più di un secolo dopo, nel 586 a.C. , i Babilonesi conquistarono quello di Giuda. Gerusalemme con il suo tempio fu rasa al suolo e gli Ebrei furono deportati come schiavi a Babilonia per quasi 50 anni.
Il ritorno in Palestina
Ritornati in Palestina, gli Ebrei non riuscirono più a formare uno stato forte e vennero sottomessi da vari popoli, finché, nel 70 d.C. , furono nuovamente costretti a lasciare la Palestina e a disperdersi per il mondo ( diaspora).
domenica 12 aprile 2009
venerdì 10 aprile 2009
Ringraziamenti
mercoledì 8 aprile 2009
giovedì 2 aprile 2009
Su Nennerì ( tradizione sarda per la Pasqua)
La prima settimana di Quaresima le donne usavano seminare in un piatto, o nella cavità o nelle zucche che vengono chiamate krokoriga `e strigu, una piccola quantità di grano; alcune mettevano anche altri semi, ma sempre di cereali o di legumi (orzo, mais, pianta del cece, della lenticchia).
I semi venivano disposti, senza un ordine preciso, su una piccola quantità di stoppa avanzata dalla lavorazione del lino, detta stub`e linu o sgirròne, messa nel fondo del piatto o della zucca per creare un ambiente in cui le sementi potessero germogliare più agevolmente. La terra si metteva solo raramente e si lasciava privo di semente il centro del recipiente, dove, prima che il nenneri fosse portato in chiesa, si metteva un lume. Anticamente si poneva all`interno del nenneri un cero acceso. Una volta disposti i semi, le donne lo custodivano al buio, sotto il letto o dentro una cassa o un cestino: era necessario custodirlo al buio perché ciò consentiva alle spighe di assumere un colore chiaro quanto più fosse possibile. Si innaffiava con un pò d`acqua, che poteva essere fredda o tiepida, a seconda del clima della località e se ne aggiungeva un poco anche nei giorni seguenti, quotidianamente o con intervalli di due o tre giorni. Il giovedì Santo il nenneri veniva riportato alla luce, ornato con fiori, circondato da un nastro bianco o colorato e portato in chiesa nel pomeriggio dello stesso giorno. Qui veniva disposto per terra, intorno al simulacro del Cristo lasciando acceso il cero posto al cento del nenneri. Il vaso restava in chiesa fin dopo la Pasqua e veniva riportato a casa da colei che lo aveva portato. Le operazioni relative al nenneri venivano compiute dalla padrona di casa, ma potevano parteciparvi anche le giovani che spesso ne preparavano degli altri. Sull`uso del nenneri, considerato benedetto per la vicinanza al Cristo nella cappella del Sepolcro. Nella maggior parte dei paesi il nenneri veniva portato via dalla chiesa il giorno di Pasqua ( o il lunedì dell`Angelo o otto giorni dopo la Pasqua) e sparso in campagna.
Ancora oggi in molte zone della Sardegna, tra cui anche in Ogliastra, si prepara su nenneri e viene portato in chiesa la domenica delle Palme. Anche la maestra tutt'oggi lo prepara e mantiene viva questa tradizione antichissima.
Storia dell'uovo di Pasqua
L'uovo rappresenta la Pasqua nel mondo intero: c'è quello dipinto, intagliato, di cioccolato, di terracotta e di cartapesta. Ma mentre le uova di cartone o di cioccolato sono di origine recente, quelle vere, colorate o dorate hanno un'origine radicata nel lontano passato. Le uova, infatti, forse per la loro forma e sostanza molto particolare, hanno sempre rivestito un ruolo unico, quello del simbolo della vita in sé, ma anche del mistero, quasi della sacralità. Già al tempo del paganesimo in alcune credenze, il Cielo e la Terra erano ritenuti due metà dello stesso uovo, e le uova erano il simbolo del ritorno della vita.
Gli uccelli infatti si preparavano il nido e lo utilizzavano per le uova: a quel punto tutti sapevano che l'inverno ed il freddo erano ormai passati. I Greci, i Cinesi ed i Persiani se li scambiavano come dono per le feste Primaverili, così come nell'antico Egitto le uova decorate erano scambiate all'equinozio di primavera, data di inizio del "nuovo anno", quando ancora l'anno si basava sulle le stagioni. L'uovo era visto come simbolo di fertilità e quasi magia, a causa dell'allora inspiegabile nascita di un essere vivente da un oggetto così particolare. Le uova venivano pertanto considerate oggetti dai poteri speciali, ed erano interrate sotto le fondamenta degli edifici per tenere lontano il male, portate in grembo dalle donne in stato interessante per scoprire il sesso del nascituro e le spose vi passavano sopra prima di entrare nella loro nuova casa. e uova, associate alla primavera per secoli, con l'avvento del Cristianesimo divennero simbolo della rinascita non della natura ma dell'uomo stesso, della resurrezione del Cristo: come un pulcino esce dell'uovo, oggetto a prima vista inerte, Cristo uscì vivo dalla sua tomba. Nella simbologia, le uova colorate con colori brillanti rappresentano i colori della primavera e la luce del sole.
L'usanza di donare uova decorate con elementi preziosi va molto indietro nel tempo e già nei libri contabili di Edoardo I di Inghilterra risulta segnata una spesa per 450 uova rivestite d'oro e decorate da donare come regalo di Pasqua. Ma le uova più famose furono indubbiamente quelle di un maestro orafo, Peter Carl Fabergé, che nel 1883 ricevette dallo zar Alessandro, la commissione per la creazione di un dono speciale per la zarina Maria. Il primo Fabergé fu un uovo di platino smaltato bianco che si apriva per rivelare un uovo d'oro che a sua volta conteneva un piccolo pulcino d'oro ed una miniatura della corona imperiale. Gli zar ne furono così entusiasti che ordinarono a Fabergé di preparare tutta una serie di uova da donare tutti gli anni.