Il codice di Hammurabi
Hammurabi fu il re di Babilonesi. Regnò dal 1792 al 1750 a.C. e estese l'impero dal golfo Persico, attraverso la valle del Tigri e dell'Eufrate, sino alle coste del mar Mediterraneo. Fece di Babilonia la capitale del regno e, dopo aver consolidato le sue conquiste, si preoccupò di difendere le frontiere e di garantire la prosperità all'interno dell'impero. Fu abile amministratore e valoroso guerriero. Viene ricordato soprattutto per il suo codice: un corpus di leggi iscritto su una stele cilindrica in diorite, rinvenuta a Susa, (Iraq) nell'inverno del 1901-1902 , per opera di una spedizione archeologica francese, condotta dal De Morgan.
Il blocco si presentava rotto in tre parti, in seguito è stato restaurato ed è ora conservato nella sala n°106 del Museo del Louvre a Parigi.
Prima di essere creato, in Mesopotamia l’amministrazione della giustizia si basava su una serie di norme tramandate oralmente e consolidate dall’uso. Quando qualche sovrano si discostava dalla tradizione o si trovava a pronunciare sentenze su materie per le quali non esistevano norme certe, le sue decisioni venivano ricordate per iscritto, in modo da far testo per il futuro. Verso la fine del suo regno Hammurabi volle che i suoi regali giudizi fossero incisi su stele alte più di due metri (sedici colonne da un lato della stele e 28 dall’altro), da esporre nei templi.
In cima alla stele ritrovata, un rilievo raffigura il re in piedi di fronte a Shamash, dio della giustizia, seduto in trono. Il resto della stele è coperto da caratteri cuneiformi. Il testo incomincia con un prologo nel quale Hammurabi si vanta di essere stato chiamato dagli dei “a distruggere le forze del male, affinchè il potente non opprimesse il debole”. Segue poi il corpus delle leggi vero e proprio, consistente in 282 singoli articoli senza ordine sistematico, relativi al diritto penale, civile, commerciale e non contiene norme sulla religione.
Dalle stele si ricava che la società babilonese era divisa in tre classi, uomini liberi (i nobili), semi liberi (i dipendenti del palazzo e i subordinati in genere) e gli schiavi .
Il Codice di Hammurabi condannava facilmente a morte, ed indicava anche il tipo di morte nel quale si incorreva: si poteva infatti essere bruciati, annegati, impalati a seconda del delitto commesso, anche indipendentemente dalle intenzioni che avevano portato il colpevole alla trasgressione, e se si trattava di una vittima nobile, si applicava la legge del taglione, (Se un architetto ha costruito una casa di un nobile, uomo libero, ma non ha fatto un lavoro solido, e la casa che ha costruito è crollata causando la morte del proprietario, questo architetto sarà ucciso. Se ha causato la morte del figlio del proprietario, si ucciderà il figlio di questo architetto..)
Non era un codice equo, in quanto la gravità della colpa e della pena inflitta dipendeva dalla classe sociale a cui appartenevano il colpevole e la vittima: lo schiavo aveva minor valore del nobile ed era soggetto a pene più dure per i medesimi reati.
Non si deve però pensare che il CODICE di HAMMURABI sia stato scritto solo per infliggere pene ai colpevoli, ma analizzando l’insieme delle sue leggi c’è molto di più. Si tratta di oltre 200 articoli che possono essere confrontati con molti problemi giuridici del nostro vivere quotidiano.
Le prime leggi riguardano la disciplina del processo, cui seguono le leggi sul diritto di proprietà, sui prestiti, sui depositi, sulle obbligazioni, sulla proprietà domestica, sul diritto di famiglia.
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