Canzone tabelline

giovedì 19 febbraio 2009

Il Carnevale di Sanmugheo

Il Carnevale in Sardegna


L'evento

Muovendosi e saltellando come un gregge di capre, is mamutzones provocano una cadenza scandita dal cupo tintinnare delle campane e dei campanacci.

Le maschere intercalano il loro incedere disordinato incornandosi e mimando il combattimento delle capre in amore.
La tradizione popolare dice che se le capre si incornano il tempo sta per cambiare: la tenzone d'amore si fa allora rito propiziatorio che chiede la pioggia, la finzione diventa invocazione.

Può anche succedere che is mamutzones tolgano il copricapo, su casiddu, e lo pongano ciascuno l'uno accanto all'altro, formandovi intorno un cerchio danzante.

Intanto, s'urtzu fa il suo percorso zoppicando, danzando goffamente e, talvolta, avventandosi sugli astanti.
Si voltola nelle pozzanghere, si rialza, si scuote e si ributta a terra, muggendo: solo su'omadore può limitarne l'intemperanza, battendolo fino a farlo sanguinare e pungolandolo per farlo ridestare.
S'urtzu è grondante e la terra si colora di rosso, ma è solo l'espediente scenico dato da una vescica di sangue e acqua nascosta sotto le vesti, pronta a cedere alla pressione del corpo che cade.
S'urtzu cade ancora, e la torma di mamutzones gli danza intorno esultante, quasi ad eseguire un ballo di invasati.




LE MASCHERE

Su mamutzone è la maschera del silenzio.
Vestita di fustagno nero e coperta di pelli di capra, calza i gambali e cinge gli stinchi di pelle di capra, ha la vita cinta di trinitos e campaneddas e il petto appesantito da due paia di campanacci, in bronzo o in ottone.

Ha il volto annerito dal sughero bruciato e tiene in mano un bastone nodoso e tondeggiante all'estremità.
L'elemento che distingue su mamutzone dalle maschere barbaricine è l'acconciatura della testa, munita di un recipiente di sughero, su casiddu o, più raramente, su moju, rivestito all'esterno di lana caprina e coronato all'estremità da affusolate corna bovine o caprine.

S'urtzu, altra figura del carnevale samugheese, tragica e triste, ha la testa di un capro, indossa un intero vello di caprone nero, porta sul petto pelli di capretto e un cinturone da cui pende un grosso campano. Un tempo, dicono gli anziani di Samugheo, si chiamava ocru.

S'urtzu, come il boe ottanese e s'urtzu di Ulà Tirso, è la bestia, la vittima da soggiogare: un tempo, sotto le pelli, portava pezzi di sughero la cui corteccia consentiva la resistenza alle percosse dategli dal suo guardiano, su'omadore, figura di pastore interame

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